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L’open innovation ha raggiunto una fase di maturità, trasformandosi da semplice tendenza a modello consolidato. Questo nuovo approccio sta rimodellando non solo la cultura aziendale, ma anche la gestione della ricerca e sviluppo. Durante il 25° anniversario di Almacube, svoltosi a Bologna, un panel intitolato Open innovation: orientarsi tra needs aziendali e modelli applicativi ha riunito esperti da vari settori, tra cui alimentare, farmaceutico, manifatturiero e tecnologico, per discutere l’integrazione della open innovation nei processi di sviluppo.
Il valore della collaborazione tra diversi attori
Moderato dal professor Matteo Vignoli dell’Università di Bologna, il dibattito ha messo in luce l’importanza della sinergia tra imprese, startup e istituzioni accademiche. La domanda principale posta da Vignoli è stata come le aziende possano concretamente integrare le conoscenze esterne nei loro processi. Matteo Zompa, direttore della produzione di Philip Morris MTB, ha condiviso un esempio pratico: “Siamo alla terza edizione della nostra Call for Innovation e collaboriamo con Almacube applicando il modello outside-in. Nella recente edizione, il 50% delle innovazioni proposte è stato implementato e scalato nelle nostre strutture produttive.”
Open innovation come routine industriale
Questo caso dimostra come l’open innovation diventi efficace quando è parte della routine operativa delle aziende, piuttosto che un’iniziativa isolata. Le call periodiche, la selezione di proposte da partner esterni e la loro integrazione nei processi produttivi sono strumenti chiave per mantenere un ritmo costante di innovazione. Collaborare con un incubatore come Almacube permette di unire competenze scientifiche con applicazioni pratiche, accelerando così i trasferimenti tecnologici.
Strategie di partnership e valore condiviso
Un’altra testimonianza significativa è giunta dal gruppo farmaceutico Chiesi, presentata da Fabrizio Conicella, vicepresidente del Center of Open Innovation & Competence. Chiesi adotta un approccio basato sulla collaborazione continua con l’ecosistema: “La nostra visione di open innovation si fonda su un valore chiave: il valore condiviso. Questo implica agire come partner piuttosto che come semplici acquirenti,” ha spiegato Conicella.
Modello di mentorship continua
Chiesi ha implementato un modello di mentorship continua, coinvolgendo startup e centri di ricerca in un dialogo costante. “Abbiamo attivato iniziative negli Stati Uniti, in Europa e in Cina, con l’obiettivo di sviluppare percorsi di proof of concept che siano gestibili anche a distanza, in linea con le nostre strategie globali.” Questa filosofia di valore condiviso promuove una cooperazione che mette al centro la sostenibilità reciproca, in cui le aziende partner possono crescere insieme integrando le competenze esterne senza sacrificare le specificità individuali.
Innovazione nel settore alimentare
Nell’ambito alimentare, la open innovation si traduce in relazioni dirette con startup e team di ricerca. Claudia Berti, responsabile dell’open innovation di Barilla, ha descritto l’iniziativa Good Food Makers, che ha visto sei edizioni e ha recentemente culminato in un’edizione speciale chiamata Ecosystem. “Abbiamo lanciato una Call for Solution e stiamo per annunciare i vincitori, con il supporto di coach di Almacube per avviare il processo di co-design,” ha affermato Berti.
Integrazione delle idee esterne
Questo approccio evidenzia l’aspetto operativo dell’open innovation, poiché Barilla non si limita a finanziare le startup selezionate, ma collabora attivamente nella progettazione delle soluzioni, condividendo competenze e know-how. Il risultato è un modello che combina il rigore industriale con la creatività imprenditoriale, dimostrando come le idee esterne possano arricchire i processi di sviluppo prodotto.
Affrontare la complessità e promuovere la diversità
Durante le conclusioni del panel, i relatori hanno concordato sull’importanza di accettare la complessità insita nell’open innovation. “La diversità è fondamentale, perché le differenze culturali generano frizioni che alimentano la crescita,” ha osservato Conicella. Boscato ha aggiunto che queste frizioni salutari spingono le aziende a ripensare i loro paradigmi e a passare da modelli di controllo a modelli collaborativi.
Berti ha sottolineato come il confronto con realtà diverse sia essenziale per rimanere innovativi. La contaminazione di idee non è un semplice effetto collaterale, ma una condizione necessaria per mantenere vivo il processo innovativo.
Le esperienze condivise nel panel dimostrano come l’open innovation stia evolvendo da un’iniziativa sperimentale a un’infrastruttura strategica per le aziende. Le aziende italiane, dai settori manifatturiero a quello digitale, stanno ora creando reti collaborative che non si limitano alla condivisione di idee, ma producono conoscenza, competenze e valore economico. Almacube si conferma come una piattaforma fondamentale di connessione tra università, startup e grandi imprese, facilitando la traduzione delle esigenze industriali in progetti concreti. L’open innovation è divenuta un linguaggio comune tra attori diversi che lavorano per obiettivi condivisi, con l’intento di migliorare l’efficienza e generare un impatto positivo.

