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Entro il 2035, l’Italia si propone di diventare un Paese digitale all’avanguardia, con infrastrutture che supportino cittadini, aziende e pubbliche amministrazioni. Tuttavia, nonostante i progressi nella diffusione della fibra ottica, persistono disuguaglianze territoriali e difficoltà nell’adozione delle tecnologie.
L’evoluzione della rete italiana
Nel corso di un recente panel sulla trasformazione digitale, si è discusso su come abilitare la società digitale di domani. È emerso che per raggiungere questo obiettivo è necessaria una combinazione di infrastrutture potenti e una visione strategica. Attualmente, la rete fissa italiana conta circa 20 milioni di accessi, un numero sorprendentemente basso rispetto ai 38 milioni della Francia.
La diffusione della banda ultralarga ha raggiunto l’86%, ma il progresso è disomogeneo. Accanto alla crescita della fibra ottica fino all’abitazione, con 5,9 milioni di accessi previsti nel 2024, si evidenzia la presenza di tecnologie ibride e alternative, con significative differenze a livello nazionale.
Investimenti e strategie
Il 2026 rappresenta un anno cruciale per il completamento di interventi pubblici e privati. Open Fiber ha già coperto circa 16 milioni di unità immobiliari, mentre FiberCop punta a completare la sua rete nei prossimi tre anni.
Infratel coordina i principali progetti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, mirati a garantire una rete veloce e accessibile a tutti. Le aree servite da investimenti di mercato, quelle con un solo operatore e quelle dove solo lo Stato ha investito, devono essere interconnesse entro la fine del 2026.
Le sfide della Gigabit e Terabit Society
Mentre la Gigabit Society è a portata di mano, la Terabit Society è già una realtà in settori come la ricerca e l’istruzione, grazie a reti avanzate come quella di Garr. Tuttavia, è fondamentale potenziare le dorsali della rete per affrontare le esigenze future.
La necessità di un’infrastruttura di nuova generazione è evidente: le dorsali devono essere progettate per sostenere la crescita esplosiva del traffico e abilitare applicazioni avanzate.
Data center e punti di interscambio
Un altro aspetto fondamentale è il potenziamento dei punti di interscambio, che ottimizzano il traffico in rete. Senza una rete di data center distribuiti, l’Italia rischia di rimanere dipendente da hub esteri, aumentando latenza e riducendo resilienza.
- 14.000 zone industriali in Italia
- Solo 1.000 hanno sufficiente densità per investimenti privati
Le aziende italiane spesso si trovano in aree più difficili da servire, e la mancanza di competenze frena l’adozione delle nuove tecnologie. I voucher per cloud e cybersecurity previsti dal Pnrr sono un primo passo, ma è necessario un ecosistema più articolato.
Progetti per il futuro
Con oltre 5 miliardi di euro stanziati per coprire aree a fallimento di mercato, il Piano aree bianche prevede che circa 8 milioni di unità immobiliari saranno connesse entro il 2026. Tuttavia, i progetti Pnrr necessitano di accelerazione.
In questo contesto, i cavi sottomarini giocano un ruolo cruciale nel trasporto del traffico intercontinentale. Sparkle, con i suoi 600.000 km di cavi, è uno dei pochi operatori Tier 1 in Italia. Tre progetti futuri mirano a diversificare le rotte e ridurre le dipendenze strategiche.
Il ruolo della governance
Infine, è essenziale una governance forte che coordini pubblico e privato, garantendo che le infrastrutture restino sotto controllo strategico nazionale. L’Italia ha fatto progressi notevoli, ma il salto verso la Terabit Society richiede un impegno ulteriore in termini di pianificazione e governance.
Come ha affermato un esperto del settore, il 2026 non sarà un traguardo, ma solo l’inizio di un percorso verso un futuro digitale più connesso e sostenibile.