Argomenti trattati
Quando si parla di transizione digitale, ci si aspetta spesso un racconto da favola, ricco di promesse e trionfi. Ma diciamoci la verità: la realtà è ben diversa. Filippo Pietropaolo, vicepresidente e assessore alla Transizione digitale della Regione Calabria, ha illustrato i progetti ambiziosi del suo dipartimento, ma ci siamo mai chiesti quanto di tutto ciò si traduca realmente in opportunità concrete per i cittadini e le imprese?
Il Dipartimento: un contenitore di idee o un’illusione?
Il vicepresidente ha sottolineato che il dipartimento non è solo un ufficio, ma un contenitore di scelte e idee. Ma la domanda che sorge spontanea è: quante di queste idee si concretizzeranno davvero? La digitalizzazione è una delle sfide più significative del nostro tempo, e il cammino è disseminato di insidie. Non è un caso che molti si chiedano se sia più un’aspirazione che una realtà tangibile.
La transizione digitale non è solo una questione tecnica, ma anche culturale. Abituare la burocrazia a muoversi in un contesto digitale richiede tempo e, soprattutto, voglia di cambiare. La promessa di una società in house del digitale, come annunciato da Pietropaolo, rappresenta un passo verso la flessibilità. Tuttavia, non possiamo ignorare che la storia è piena di buone intenzioni che non hanno mai visto la luce. La verità è che la digitalizzazione non è solo una questione di tecnologia, ma di mentalità. E qui il re è nudo, e ve lo dico io: spesso ci si ferma ai proclami senza un reale impegno.
Statistiche scomode e scenari futuri
Le statistiche parlano chiaro: secondo recenti studi, il 70% delle iniziative di digitalizzazione fallisce nel primo anno. Un dato scomodo che dovrebbe far riflettere. Le ragioni sono molteplici: mancanza di formazione, carenza di investimenti e, non da ultimo, la resistenza al cambiamento. La Calabria, in particolare, non è immune da queste problematiche. La forte incidenza di disoccupazione giovanile e la fuga dei cervelli aggravano ulteriormente la situazione. E mentre si parla di innovazione, molti giovani sono costretti a cercare fortune all’estero, lasciando un vuoto difficile da colmare.
Calabrò ha delineato le Linee guida per la crescita digitale 2022-2025, suddividendole in quattro aree strategiche. Ma chi garantirà che queste linee siano seguite? Senza un monitoraggio costante e un controllo rigoroso, le belle parole rischiano di rimanere tali. Inoltre, il tema della cybersecurity e della protezione dei dati è cruciale: come può un’amministrazione garantire la sicurezza dei cittadini quando non ha nemmeno il controllo totale sulle proprie risorse digitali?
Verso un’analisi critica e riflessioni finali
In conclusione, la transizione digitale in Calabria è una sfida che presenta sia opportunità sia rischi considerevoli. L’impegno dichiarato dai dirigenti regionali è encomiabile, ma non possiamo permetterci di essere troppo ottimisti. La realtà è meno politically correct: serve un cambio di passo reale, non solo a parole. Le sinergie tra i vari dipartimenti sono fondamentali, ma è altrettanto cruciale avere una visione chiara e condivisa su come procedere.
Invitiamo quindi a un pensiero critico. Non lasciamoci abbindolare dalle promesse di un futuro digitale splendente senza guardare in faccia la realtà. Solo con un’analisi lucida e onesta potremo davvero capire se la Calabria è pronta a cogliere le sfide della digitalizzazione o se siamo destinati a restare intrappolati in un labirinto di buone intenzioni.