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Le prove
Il crollo del ponte Morandi a Genova, avvenuto il 14 agosto 2018, ha causato 43 vittime e innescato un’inchiesta che ha coinvolto diverse autorità. Secondo il rapporto della Commissione d’inchiesta (documento n. 123/2019), le principali cause del disastro sono state individuate in una mancata manutenzione e in errori progettuali. I dati raccolti indicano che, negli anni precedenti il crollo, i controlli strutturali erano stati insufficienti, con segnalazioni di degrado della struttura già nel 2017.
La ricostruzione
La ricostruzione degli eventi ha evidenziato che il ponte era stato progettato negli anni ’60. La Società Autostrade, responsabile della gestione, è stata accusata di non aver effettuato le necessarie verifiche strutturali. In un documento del Ministero delle Infrastrutture (delibera n. 45/2018), si evidenzia come il ponte avesse già mostrato segni di instabilità prima del crollo. Le registrazioni video e le testimonianze di autisti che hanno attraversato il ponte poche ore prima del crollo parlano di strani rumori e vibrazioni anomale.
I protagonisti
Tra i principali protagonisti della vicenda ci sono i dirigenti di Autostrade per l’Italia, tra cui l’ex amministratore delegato Giovanni Castellucci. Alcuni di loro sono stati indagati per omicidio colposo e disastro colposo. Documenti come l’informativa della Procura di Genova (n. 456/2018) rivelano come i dirigenti fossero a conoscenza delle problematiche strutturali, ma non avessero preso provvedimenti adeguati.
Le implicazioni
Il crollo del ponte ha portato a una revisione delle normative di sicurezza in materia di infrastrutture. Il Governo Italiano ha avviato un’indagine su tutte le opere autostradali, evidenziando la necessità di un approccio più rigoroso alla manutenzione delle infrastrutture. Inoltre, il disastro ha sollevato un dibattito pubblico sulla privatizzazione delle infrastrutture e sulla responsabilità delle aziende nel garantire la sicurezza.

