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La recente scomparsa di Arrigo Abati ci offre l’occasione per riflettere su un aspetto spesso trascurato: l’innovazione non è solo una questione di tecnologia, ma di visione e umanità. Abati, insieme a pochi altri pionieri, ha gettato le basi della digitalizzazione italiana in un’epoca in cui il concetto di ‘digitale’ era ancora fumoso per molti. Diciamoci la verità: senza la sua lungimiranza, oggi saremmo probabilmente ancora ancorati a modelli obsoleti di gestione e comunicazione.
Una visione che ha anticipato i tempi
Negli anni Settanta, quando il digitale era un termine sconosciuto ai più, Arrigo Abati, con il professor Mario Volpato e Michele Cinaglia, ha saputo immaginare un futuro in cui l’informatica avrebbe rinnovato radicalmente il modo di operare delle aziende e delle istituzioni pubbliche. Fu da quella scintilla di genialità che nacquero realtà come CERVED, oggi nota come InfoCamere, e Engineering. Tutti noi oggi conosciamo questi nomi, ma all’epoca erano semplicemente idee coraggiose, frutto di una visione che raramente si vedeva nel panorama imprenditoriale italiano.
La sua capacità di anticipare le necessità del mercato e di comprendere il potere trasformativo della tecnologia ha permesso a molte imprese di evolvere e prosperare. Non stiamo parlando di meri numeri o statistiche, ma di un cambiamento culturale che ha toccato ogni angolo della nostra società. La realtà è meno politically correct: l’innovazione non è solo una questione di strumenti, ma di come queste tecnologie vengono integrate nel tessuto sociale ed economico.
La forza delle relazioni umane nell’era digitale
Arrigo Abati non era solo un esperto di tecnologia; era un uomo di cultura, un connettore di idee e di persone. La sua capacità di ascolto e la sua empatia erano tratti distintivi, tanto quanto il suo ingegno. In un mondo dove ci si affida sempre più a algoritmi e intelligenza artificiale, il suo approccio ci ricorda che l’elemento umano è insostituibile. So che non è popolare dirlo, ma troppo spesso ci dimentichiamo che la vera innovazione avviene quando le persone si connettono, condividono e crescono insieme.
Molti dei professionisti che oggi ricoprono ruoli chiave nel panorama tecnologico italiano devono qualcosa a lui. La sua eredità non si misura solo in termini di progetti avviati, ma anche nelle menti che ha ispirato, nei legami che ha creato e nelle vite che ha toccato. Il re è nudo, e ve lo dico io: un grande leader non è solo colui che guida, ma anche chi sa formare e nutrire nuove generazioni.
Un’eredità che continua a vivere
La scomparsa di Abati è un richiamo a non dimenticare l’importanza di un’innovazione etica e consapevole. La sua visione va oltre le mere applicazioni tecnologiche; si tratta di un invito a considerare l’impatto sociale delle nostre scelte. La sua eredità è viva nei progetti che ha avviato e nelle idee che ha seminato lungo il suo cammino. Ma soprattutto, è viva nel ricordo di chi ha avuto l’onore di conoscere un uomo che ha dedicato la vita a costruire un futuro migliore, non solo per le aziende, ma per tutti noi.
A nome di chi crede ancora che l’innovazione debba essere accompagnata da visione, etica e passione, possiamo solo dire: grazie, Arrigo. Hai lasciato un segno indelebile, e sarà nostro compito onorarlo, continuando il tuo lavoro con la stessa passione e dedizione che ti hanno contraddistinto.