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Diciamoci la verità: la transizione digitale in Italia è un cammino disseminato di insidie e promesse disattese. Con la scadenza dei finanziamenti legati al PNRR che si avvicina, ci si chiede come garantire una continuità nelle politiche di digitalizzazione. Il Recovery Plan, pur avendo dato una spinta iniziale, ha mostrato limiti significativi nel suo utilizzo e nell’efficacia delle sue misure. Eppure, esistono opportunità, come i Fondi di coesione europei, che potrebbero rappresentare una via per sostenere questo percorso. Ma siamo davvero pronti ad affrontare questa sfida?
I limiti del PNRR e le sfide della continuità
So che non è popolare dirlo, ma il bilancio del PNRR non è dei migliori. Programmi come Transizione 4.0 e 5.0 hanno mostrato un utilizzo dei fondi ben al di sotto delle aspettative, con ritardi nei processi burocratici che hanno ostacolato l’accesso ai finanziamenti. Già la Legge di bilancio ha tentato di rispondere a questo problema, prevedendo risorse pubbliche per proseguire Transizione 5.0 oltre il 2026. Tuttavia, questo è solo un palliativo se non si affrontano le radici delle inefficienze.
La realtà è meno politically correct: i fondi di coesione europei potrebbero essere la soluzione, ma la loro gestione è una questione di competenza e capacità. Questi fondi, finalizzati a ridurre le disparità regionali, sono fondamentali per il nostro Sud, ma spesso si scontrano con il muro della burocrazia. L’Italia, nonostante i progressi, si trova ancora a dover affrontare lungaggini burocratiche e una gestione complessa che limita l’effettivo utilizzo delle risorse disponibili.
Un’opportunità da non perdere: i Fondi di coesione europei
Il re è nudo, e ve lo dico io: i Fondi di coesione rappresentano una delle poche chance per non vanificare gli sforzi fatti finora. Questi fondi, da anni utilizzati per lo sviluppo delle aree meno favorevoli, possono integrare e supportare la transizione digitale. Con un ciclo di programmazione di sette anni, offrono stabilità e continuità, ma richiedono una pianificazione e una programmazione seria. Non possiamo permetterci di sprecare questa opportunità, soprattutto considerando che l’Italia ha solo parzialmente utilizzato i fondi del periodo precedente.
Per il ciclo 2021-2027, l’Italia ha programmato circa l’85% dei fondi disponibili, ma la spesa effettiva rimane bassa. Secondo un rapporto recente, solo il 12% dei 75 miliardi di euro è stato realmente speso. È un ritardo preoccupante, e se non ci muoviamo rapidamente, rischiamo di vedere questi fondi rimanere inutilizzati o, peggio, disimpegnati.
La necessità di un cambio di passo
Analizzando la situazione, emerge un quadro complesso. Da un lato, abbiamo la necessità di investire nella digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni e delle PMI. Dall’altro, ci troviamo ad affrontare una burocrazia lenta e complessa che frena ogni impulso innovativo. La semplificazione amministrativa, tanto promossa, è un obiettivo ancora lontano. È chiaro che le politiche di digitalizzazione devono legarsi a una riforma profonda della burocrazia stessa. Non ci si può aspettare che la digitalizzazione avvenga senza una ristrutturazione delle procedure che la governano.
Un cambiamento radicale è necessario, e le buone pratiche avviate in regioni come la Toscana e il Lazio dimostrano che è possibile. Ma ciò richiede un impegno costante e una visione chiara delle priorità. Le risorse dei Fondi di coesione devono essere utilizzate strategicamente per garantire una digitalizzazione efficace e una semplificazione reale. Altrimenti, ci ritroveremo a rimpiangere un’opportunità persa, e la transizione digitale rimarrà solo una chimera.
In conclusione, la strada da percorrere è irta di ostacoli, ma non è impossibile. L’Italia ha l’opportunità di fare un salto di qualità, ma deve avere il coraggio di affrontare le sfide in modo deciso. Invito tutti a riflettere: possiamo permetterci di lasciare che la burocrazia soffochi il nostro futuro digitale? È tempo di agire, e la responsabilità è di tutti noi.