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Negli ultimi anni, il concetto di sicurezza si è evoluto, passando da un semplice tema tecnico a un vero e proprio indicatore della governance e della maturità di un’impresa. In un contesto caratterizzato da un rapidissimo progresso tecnologico e da un aumento delle vulnerabilità, le aziende devono affrontare sfide sempre più complesse. Un errore umano o una debolezza nella catena di fornitura possono avere ripercussioni devastanti, non solo sui processi interni, ma anche sulla reputazione stessa dell’organizzazione.
Un’analisi della situazione attuale
Il progetto dell’Osservatorio Security Risk, promosso da AIPSA e gestito da TEHA Group con il supporto di Cybrain, si propone di analizzare come le aziende italiane stiano affrontando questa evoluzione. I risultati indicano che la consapevolezza dei rischi è aumentata in modo significativo, specialmente tra le imprese di dimensioni medie, quelle con fatturati compresi tra i cinquanta milioni e un miliardo di euro. Un decremento dell’uno per cento del livello di rischio potrebbe tradursi in benefici economici notevoli, il doppio rispetto alle stime precedenti.
La resilienza aziendale
Nonostante i progressi, la strada verso una gestione efficace e strutturata della sicurezza è ancora lunga. Attualmente, solo il 31% delle aziende ha messo in atto un piano formalizzato di crisis management, mentre quasi il 60% non ha definito procedure adeguate per affrontare eventi complessi. Tuttavia, la resilienza di fronte ad attacchi informatici è elevata, raggiungendo il 67% dei casi, dimostrando che la preparazione è un aspetto fondamentale.
Le nuove minacce e le loro conseguenze
La mappa delle preoccupazioni aziendali sta cambiando rapidamente. Fino a poco tempo fa, il ransomware era considerato il nemico principale, ma ora ci si trova di fronte a un fenomeno più insidioso: le vulnerabilità della filiera. Gli attacchi alla supply chain, che colpiscono indirettamente attraverso fornitori o partner, sono diventati i più probabili. Questa nuova realtà sfrutta l’interconnessione tra le aziende, evidenziando che un solo anello debole nella catena può compromettere l’intero sistema produttivo.
La manipolazione psicologica nella sicurezza
In parallelo a questo rischio sistemico, cresce la preoccupazione per le minacce legate all’inganno umano. Il social engineering, potenziato dalle tecnologie moderne come l’intelligenza artificiale e i deepfake, è considerato uno dei rischi più gravi. Questo tipo di attacco, che combina tecnologia e psicologia, rappresenta una sfida significativa per le aziende, insieme ai reati patrimoniali e alle violazioni fisiche, che continuano a preoccupare le organizzazioni in un contesto globale instabile.
Investire nella sicurezza come strategia
Il ransomware rimane una minaccia con un impatto economico notevole, ma la supply chain è ora l’obiettivo più vulnerabile. La gestione della sicurezza si estende oltre la protezione dei dati interni, mirando a tutelare l’intero ecosistema di relazioni commerciali. Le grandi aziende hanno sviluppato strumenti e strategie per mitigare i rischi lungo la catena di fornitura, mentre le piccole e medie imprese si trovano spesso in difficoltà nell’affrontare queste minacce.
Un aspetto innovativo emerso dall’Osservatorio è la possibilità di quantificare il beneficio economico derivante dalla riduzione del rischio. Questa metrica consente alle aziende di identificare le aree più critiche in cui investire. Per le PMI, anche piccole azioni possono portare a significativi vantaggi economici. Per le aziende di media dimensione, una riduzione dell’uno per cento del rischio può tradursi in guadagni considerevoli, mentre le grandi aziende possono sperimentare ritorni economici che raggiungono milioni di euro.
Il ruolo crescente del Security Manager
In questo contesto, la figura del Security Manager sta emergendo come centrale per la governance del rischio e la resilienza aziendale. Le organizzazioni tendono a sviluppare competenze interne nei settori della cybersecurity, del risk management e della sicurezza operativa, mentre la consulenza esterna rimane prevalente in ambito legale e normativo. Questo rappresenta non solo un segnale di maturità organizzativa, ma anche un cambiamento culturale significativo.
Verso una nuova cultura della sicurezza
Un elemento interessante di questa evoluzione è l’aumento della presenza femminile nei team di sicurezza. Le donne, più giovani e con competenze digitali avanzate, stanno contribuendo a una visione meno gerarchica e più strategica della sicurezza aziendale. Tuttavia, permangono sfide significative: molte organizzazioni trattano ancora la sicurezza come una funzione separata, attivandola solo in caso di emergenza. Ma oggi, il rischio è ibrido, combinando elementi fisici e digitali.
La vera sfida consiste nel trasformare la sicurezza da una semplice reazione a una strategia integrata, capace di generare vantaggi competitivi. Le aziende italiane stanno progressivamente imparando a convivere con l’incertezza, aumentando la consapevolezza e perfezionando le proprie capacità di misurare il rischio sia in termini economici che reputazionali. La sicurezza, quindi, deve essere percepita non solo come un obbligo tecnico, ma come una leva strategica in grado di creare valore e fiducia.

