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Diciamoci la verità: il mondo della Pubblica Amministrazione (PA) è un labirinto di norme e procedure che spesso sembra più una trappola burocratica che un sistema al servizio dei cittadini. Eppure, nel bel mezzo di questa giungla, emerge una figura chiave: il Responsabile per la Transizione Digitale (RTD). Ma cosa significa realmente essere un RTD? È una figura di spicco o solo un altro ingranaggio in un sistema che fatica a muoversi verso la modernità?
Il contesto normativo e l’evoluzione del ruolo del RTD
Il Responsabile per la Transizione Digitale è stato ufficialmente introdotto nel 2016, grazie al Decreto Legge 179, per rispondere alla necessità di una digitalizzazione efficace all’interno delle PA. La sua figura è il frutto di un’evoluzione normativa che ha cercato di dare una scossa a un sistema spesso stagnante. Prima di questa introduzione, la figura del RTD era praticamente sconosciuta nelle amministrazioni locali. Con l’arrivo della Circolare n. 3 del 2018, siamo stati testimoni di un’accelerazione: le PA sono state sollecitate a individuare un RTD, sottolineando l’importanza di avere una persona dedicata a garantire il passaggio ai servizi digitali.
Ma chi è realmente il Responsabile per la Transizione Digitale? È un dirigente che deve possedere competenze tecniche e manageriali elevate, e che deve coordinare la digitalizzazione dei servizi pubblici, promuovendo la trasparenza e l’accessibilità. Non si tratta solo di un compito formale, ma di una vera e propria sfida: rendere la PA più vicina ai cittadini attraverso l’uso delle tecnologie. Ma ci chiediamo: le PA sono pronte a fare questo salto di qualità?
Statistiche scomode e la realtà del ruolo del RTD
So che non è popolare dirlo, ma la realtà è che nei comuni più piccoli, la figura del RTD è spesso una chimera. Secondo i dati forniti da AGID, in molte amministrazioni locali, specialmente quelle con meno di 25.000 abitanti, è difficile trovare un professionista con le competenze richieste. Questo porta a una situazione paradossale: pur essendo un ruolo fondamentale per la digitalizzazione, in molti casi il RTD viene scelto tra i dirigenti esistenti, che possono non avere una preparazione adeguata. E allora ci si chiede: come possiamo aspettarci un cambiamento significativo se chi è al comando non è in grado di guidarlo?
Inoltre, l’analisi degli ultimi piani triennali pubblicati mostra che, nonostante la figura del RTD sia prevista, in molti enti manca una vera strategia per la transizione digitale. Questo solleva interrogativi sulla reale volontà delle PA di affrontare la digitalizzazione in modo serio e strutturato. La Circolare n. 3/2018 ha cercato di incentivare le nomine dei RTD, ma i risultati sono ancora lontani dall’essere soddisfacenti. È ora di chiedere a gran voce cosa stia davvero accadendo nel dietro le quinte.
Conclusione: un ruolo da riformare e valorizzare
Il re è nudo, e ve lo dico io: il ruolo del Responsabile per la Transizione Digitale deve essere ripensato. Serve una figura che non solo coordini, ma che abbia anche il potere di influenzare le decisioni strategiche all’interno delle PA. È fondamentale creare una rete di RTD che condividano best practices e formazioni specifiche, per garantire che la digitalizzazione non sia solo un obbligo normativo, ma un vero strumento di miglioramento dei servizi al cittadino. Ma siamo pronti ad affrontare questa sfida?
In conclusione, la digitalizzazione della PA non può essere vista come un processo isolato, ma come un cambiamento culturale. È tempo di investire nella formazione e nel potenziamento delle competenze di chi ricopre questo ruolo. Solo così potremo sperare di avere una Pubblica Amministrazione realmente al servizio dei cittadini e in grado di rispondere alle sfide del futuro.
Invito tutti a riflettere sul ruolo del RTD e sull’importanza di una vera e propria rivoluzione digitale nelle nostre amministrazioni. La digitalizzazione non è solo una questione di tecnologia, ma di visione e capacità di adattamento ai tempi che cambiano. Sei pronto a dare il tuo contributo in questo cambiamento?